2020, di Maïmouna Doucouré.
Conosciuto anche con il titolo internazionale Cuties (in italiano malamente tradotto con “Donne ai primi passi”), narra la storia di Aminata, detta Amy, ragazza undicenne di origine senegalese, che vive a Parigi con la famiglia, musulmana osservante.
Il padre si è recato in Senegal per sposare una seconda donna provocando la sofferenza della prima moglie, che rimasta a casa deve organizzargli il matrimonio al rientro, e lo straniamento di Amy, che assiste impotente alla sofferenza della madre e subisce il peso delle convenzioni tradizionali che aleggia anche sul proprio futuro.
Un giorno Amy ammira affascinata le prove di una dance crew di sue coetanee anticonformiste che si atteggiano come ragazze più grandi, le Mignonnes, che si preparano per partecipare ad una gara di ballo e competere in popolarità con un gruppo rivale di altre ragazze.
Vincendo le proprie difficoltà di inserimento, la protagonista riesce a farsi accettare dal gruppo e la nuova appartenenza la incoraggia a ribellarsi alle severe tradizioni familiari, coltivando il ballo come strumento di crescita ed emancipazione, conquistando popolarità anche attraverso la diffusione di video su social network, la cui portata inizia però a sfuggirle di mano.
Alimentata, infatti, dal forte desiderio di integrazione Amy studia coreografie sempre più sessualizzate, individuando nell’offrire una rappresentazione di sé disinibita e trasgressiva la via di evasione dall’opprimente clima familiare che, soprattutto nella persona dell’anziana zia, vuole invece fare di lei una futura moglie devota.
Obiettivi:
Il film, proponendo una riflessione sull’immagine femminile nella società contemporanea, il bisogno di apparire alimentato dai social networks, l’apprezzabilità alimentata da un uso sessualizzato del proprio corpo, spesso al di là di una reale consapevolezza (esemplificativa in questo senso è la scena del film in cui Coumba, una delle amiche apparentemente più disinibite, prende inconsapevolmente in mano un profilattico trovato al parco), fornisce una rappresentazione critica dell’ipersessualizzazione precoce delle ragazze preadolescenti.
Nel contesto di un racconto di formazione, in equilibrio tra dimensioni antitetiche quali la cultura di origine e quella di residenza, il mondo infantile e quello adulto, il contesto familiare e quello amicale, il film critica l’oggettivazione della figura femminile nelle culture patriarcali, quelle in cui una donna deve accettare passivamente la poligamia del marito (ma solo in certe interpretazioni della religione islamica, professata anche dalla stessa regista: si può leggere in questo senso la scena dell’imam che si rifiuta di interpretare le intemperanze di Amy come atti demoniaci e, richiamandosi al Corano, ricorda alla madre il proprio diritto di non accettare l’imminente matrimonio), così come quelle che incoraggiano l’esibizione consumistica della sessualità come veicolo di crescita e approvazione.
Descrizione attività:
Visione del film e discussione libera. Il conduttore può sollecitare i/le partecipanti a riflettere e commentare alcune scene in particolare per discutere sui diversi argomenti toccati dal film.
Può essere utile chiedere con quale personaggio ci si sente più identificati, quali parole o scelte alternative avrebbero utilizzato al loro posto.
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