2006, regia di Kim Rossi Stuart
Il film racconta la storia di Renato, un padre single che vive coi suoi due figli, Viola e Tommi. Abbandonato dalla moglie Stefania, Renato cerca di condurre avanti al meglio la famiglia, ma non è semplice quando si hanno anche problemi di lavoro. Chi ne soffre di più è il piccolo Tommi, che cerca di vivere altri mondi (l’artefatta famiglia borghese del vicino di casa che lo accoglie a braccia aperte) e quando può si chiude al dolore (per lui, la madre che ritorna è un pericolo non una gioia) e si rifugia sul suo amato tetto per guardare dall’alto ciò che accade. Renato, invece, non può più fuggire, perchè il suo tempo è finito, e sfoga la rabbia trattenuta, contro tutto e tutti, ovvero contro se stesso. Un padre forte da un lato, ma anche profondamente provato, una figura maschile ch lascia trapelare le proprie emozioni di debolezza e tristezza.
OBIETTIVI
Il film può essere utile per riflettere sul delicato passaggio dall’infanzia all’adolescenza in situazioni di difficoltà. Tommi, come tanti bambini cresciuto da genitori separati, è in bilico tra “il mondo dei bambini” e “quello degli adulti”; è costretto a crescere troppo in fretta, catapultato in problematiche sentimentali e morali lontane dalla sua giovane età. Tommaso è coinvolto troppo direttamente nel burrascoso rapporto sentimentale dei genitori, assorbendo a pieno i loro disagi esistenziali e affettivi. Uno dei temi portanti del film è l’abbandono materno. La figura materna entra ed esce dalla vita del figlio, lasciando ogni volta vuoti incolmabili. L’inquietudine e la muta sofferenza che accompagnano il piccolo “Tommi” derivano dalla difficoltà nel relazionarsi con una madre che non può dargli né certezze né stabilità e dalla faticosa relazione con un padre oppressivo e fin troppo presente (che tenta disperatamente di colmare il vuoto provocato dall’assenza della moglie). Questo padre, nel suo ruolo di genitore-single con problemi economici, manifesta una sorta di “doppia natura”: è autoritario e inflessibile, ma è pure fragile e profondamente umano, infatti lo vediamo anche piangere. È un uomo che alterna scatti d’ira a intense manifestazioni d’affetto. Da un lato è sempre pronto a demolire agli occhi dei figli la figura materna (definendo più volte la moglie “una poco di buono”), dall’altro si mostra pronto ad accogliere in casa la donna che lo aveva ripetutamente abbandonato. È un padre che, agli occhi dei figli, esibisce sicurezza e determinazione nelle sue scelte professionali (un cameraman che si autodefinisce imprenditore di se stesso), ma che anche nel suo lavoro tradisce i difetti caratteriali e l’immaturità. Il comportamento dell’uomo è motivato dalla necessità di dare unità, e stabilità, a quella “comunità a tre” che lui forma assieme ai figli.
DESCRIZIONE ATTIVITà
Visione del film e discussione libera.
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