(Scheda a cura di Alessio Brizzi)

2015, Alfonso Gomez-Rejon.

Greg frequenta l’ultimo anno di liceo: è un ragazzo molto talentuoso ma incapace di relazionarsi con
gli altri. Come strategia di sopravvivenza, in quel campo di battaglia continuo che è la vita sociale
dei teenager, cerca di passare inosservato il più possibile, evitando legami profondi per vivere una
sorta di eterna adolescenza insieme a Earl, il suo migliore amico. Quando la madre di Greg invita
pressantemente il figlio a far compagnia a Rachel, una ragazza del suo liceo malata di leucemia, le

resistenze emozionali di Greg cominciano lentamente a vacillare, per poi, alla fine, crollare.
Invito alla visione
Classico di formazione che abbina le caratteristiche dell’high school movie a quelle del cancer
movie e del comedy-drama, trionfando al Sundance Film Festival 2015, vincendo il Premio del
Pubblico e il Gran Premio della Giuria.

ANALISI SEQUENZE
1. Titoli di testa (00′:00” – 02′:07”)
Il film si apre sull’immagine del protagonista, il liceale Greg, davanti al PC, chiuso nella penombra
della sua cameretta, specchio di un carattere solitario e poco propenso ai rapporto sociali.

Lo avviciniamo con un carrello in avanti, mentre la sua voce over (Greg è il narratore intradiegetico
della storia) inizia a blandire lo spettatore con scoppiettanti invenzioni linguistiche. Il linguaggio di
Greg è arguto e caustico, e questi tratti li ritroveremo quasi sempre nel suo modo di esprimersi. È
proprio la voce over a fare da raccordo, e da commento, alla serie di situazioni narrative che, di lì a
poco, si svolgeranno in questa prima, introduttiva sequenza: Greg che cammina senza pace nella
stanza; la visualizzazione delle sue bizzarre fantasie, con la messa in scena di siparietti carichi di
umorismo grottesco e realizzati mediante pupazzi in plastilina animati in stop-motion; Greg che
cerca l’ispirazione scrivendo sullo schermo del PC i possibili incipit della storia dedicata al suo
ultimo anno di liceo.
In questi due minuti scarsi di prologo è già presente tutto il film. La colonna sonora di Brian Eno
trascina lo spettatore nel mood da commedia giovanilistica agrodolce che è la cifra dominante del
film. Il ritmo veloce e accattivante del tempo narrativo fa da spalla fedele al dinamismo dei

movimenti della macchina da presa (carrelli e varie panoramiche, comprese due panoramiche a
schiaffo) e alla ricchezza dei tagli delle inquadrature (totali, mezze figure, primi e primissimi piani,
dettagli come quello degli occhi di Greg). Così, la regia svela lo stile nervoso che pervaderà il film,
in linea con la rapidità di pensiero del protagonista.
2. (02′:08” – 05′:46”)
Sempre distesa sulla voce over di Greg, la seconda sequenza del film, nella parte iniziale, è
strutturata come una classica sequenza di montaggio e alterna, collegandole espressivamente tra
loro, location diverse e diverse situazioni narrative. La sequenza prende avvio da un incisivo
movimento di macchina dall’alto verso il basso, obliquo, che mostra uno scorcio della cittadina,
teatro della vicenda narrata, per poi concludersi, con una zoomata, sul volto in primo piano di Greg,
semi addormentato sull’autobus che lo sta portando al liceo. La didascalia immediatamente
successiva, in sovrimpressione sull’inquadratura dall’alto dell’autobus che giunge al liceo, recita:

«The part where I begin senior year».
In questa sequenza, aiutati dalla voce over del protagonista, sempre venata di un’ironia tagliente,
facciamo conoscenza degli ambienti e dei personaggi principali della storia. Le scelte stilistiche del
regista proseguono all’insegna della ricchezza e originalità delle inquadrature (per esempio dall’alto,
fortemente grandangolate, quando si descrive il liceo, per dare la sensazione della realtà vasta e
spaesante in cui si trova immerso Greg) e della varietà dei movimenti di macchina: zoomate rapide,
carrellate in avanti, ora veloci (quando viene mostrato il liceo o il cinema), ora più lente, spesso a
stringere sui volti dei personaggi, carrellate circolari (quando viene inquadrato Phil, il matto),
carrellate indietro (quando Madison si allontana dall’ufficio del prof McCarthy e Greg la osserva in
soggettiva), campi e controcampi.
Incontriamo il secondo inserto in stop-motion: si tratta di una scenetta parodica che si ripeterà ogni

volta che Greg si imbatterà nella graziosissima Madison, di cui è invaghito. Nella scenetta, vediamo
un alce che simbolicamente rappresenta Madison e, con lei l’eterno femminino, che schiaccia uno
scoiattolino indifeso, nel quale invece va ravvisato Greg, succube e imbelle di fronte ai sentimenti
per la bella ragazza-alce. «Una ragazza carina ti distrugge la vita, è un dato d fatto», afferma il
protagonista, continuando il suo intrigante stream of consciousness (flusso di coscienza) in voce
over.
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Poche le inquadrature fisse, come quella dedicata all’ufficio del professor McCarthy, “l’unico adulto
ragionevole” di tutto il liceo: un giovane insegnante fuori dagli schemi, tatuato e del tutto informale.
È nel suo ufficio che facciamo anche la conoscenza del laconico Earl, l’amico (o meglio, “collega”)
di colore di Greg, avvicinato, mediante steady-cam, in un efficace primissimo piano.
3. (05′:47” – 10′:18”)
Dopo una panoramica a schiaffo (quando Greg si gira perché la madre e il padre entrano
improvvisamente nella sua cameretta), viene descritto, attraverso lo schema classico della dialettica

campo-controcampo, il dialogo tra il protagonista e i genitori (gatto in collo al padre compreso), che
cercano di aiutarlo nella scelta dell’università. Di fronte a loro, Greg appare piuttosto restio ad
ascoltarli, quasi infastidito, dal momento che hanno fatto irruzione nella sua stanza mentre stava
guardando al PC immagini per adulti. La camera di Greg dichiara la sua passione per il cinema, con
i tanti manifesti appesi alle pareti di film famosi – tra cui, I 400 colpi di F. Truffaut – che,
giustamente, lo scenografo ha utilizzato per raccontare il protagonista anche attraverso gli spazi in
cui si muove.
Dopo il tema “università”, la conversazione tra figlio e genitori cade su Rachel, una compagna di
liceo di Greg, affetta da una grave forma di leucemia, per la precisione: leucemia mieloide acuta.

Il padre e la madre del ragazzo vogliono che il figlio trascorra n po’ di tempo con lei, per distrarla.
È a questo punto che un flashback ricorda a Greg (inquadrato in un intenso primo piano) una frase,
sentita pronunciare giorni prima da Rachel, su degli “esami”, frase che lui aveva inconsapevolmente
equivocato.
Madre e figlio, seduti, in una serie di campi e controcampi con le rispettive teste a fare da quinta, si
confrontano sulla malattia di Rachel. Infine, genitori, gatto e figlio si abbracciano affettuosamente:
ripresi dall’alto e poi dal basso, costruiscono un quadretto familiare sui generis ma sincero. Del
resto, capiamo subito che la famiglia di Greg è alquanto singolare, soprattutto il padre sociologo
(interpretato magnificamente da Nick Offermann), sempre vestito in modo anticonvenzionale e
studiatamente trasandato, con idee gastronomiche strampalate che sottopone costantemente, come
vedremo più avanti, a Greg e a Earl.
Seppur recalcitrante, Greg acconsente ad andare a fare una visita a Rachel, chiedendo però alla
madre, come contropartita, di non frugare più tra le sue cose, altrimenti – la minaccia in modo
tipicamente adolescenziale – lui farà la stessa cosa con lei.
La sequenza prosegue in cucina, con il padre ai fornelli e Greg che telefonata a Rachel. Con tono

scherzoso, Greg dice alla ragazza che lei avrebbe bisogno di una dose di “gregasil”, alludendo a una
fantasmatica medicina derivante dal suo nome. Mentre parla con Rachel, la macchina da presa, in
piano sequenza, segue la madre, mediante steady-cam, mentre porta i piatti in sala da pranzo, per
poi inquadrare di nuovo Greg che sale sul tavolino del soggiorno. La macchina da presa indugia sul
corpo di Greg: dalla dita che, nervosamente, battono l’una sull’altra, al suo volto imbarazzato anche
se le parole vorrebbero ostentare sicurezza e disinvoltura. Chiusa la telefonata, Greg, con una
panoramica a schiaffo, si volta verso la madre, dicendole che Rachel non vuole vederlo, ma la
madre insiste in modo tale che è difficile controbattere, e Greg va via. La scena è sempre descritta
in piano sequenza, mentre una musica drammatica (è quella dei momenti più intensi di Vertigo, di
A. Hitchcock, composta da Bernard Herrmann e qui usata come colta citazione cinefila) sottolinea il
momento altamente emotivo della situazione. La scena finisce con Greg che si butta a terra e si

trascina verso la sua cameretta, incalzato dalle parole della madre fino a quando chiude
inesorabilmente la porta. Tuttavia, il ragazzo sa che la mamma gli sta consigliando di fare una cosa
bella e giusta, solo che, da adolescente, non può e non vuole darle ragione facilmente.
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4. (10′:19” – 15′:42”)
L’incipit della sequenza vede Greg in campo lungo, ripreso con un’inquadratura fissa, che attraversa
una strada, evidentemente diretto verso casa di Rachel. La scritta in sovrimpressione recita: «The
part where I meet a dying girl».
Dopo l’incontro con la madre di Rachel, Denise, che dice a Greg di avere un grande cuore e di
essere molto bello (i due sono inquadrati essenzialmente in primo e primissimo piano; la donna è
chiaramente in un stato di euforia indotto dall’alcol, che sarà, d’ora innanzi, la sua nota distintiva), il

ragazzo ha uno scambio di battute a distanza con Rachel.
I due si fronteggiano in campo-controcampo da posizioni avverse: lui in basso, in una collocazione
che lo rende vulnerabile, lei – la malata quasi terminale – in alto, in posizione paradossalmente di
potere, in cima alla scalinata che conduce al piano superiore dove si trova la sua camera. Greg
sfodera, ancora una volta, la sua bizzarra ironia, lei replica di non volere la sua compassione; la
madre, nel vicino soggiorno, assiste divertita alla scena, bevendo un bicchiere di liquore seduta sul
divano. La sincerità di Greg nello spiegare il motivo per cui si trova lì («Non sono qui perché mi fai
pena, per dirla tutta, è stata mia madre che mi ha obbligato») e la sua capacità di rovesciare i
termini della situazione, per cui sarebbe lui a chiedere a lei il favore di farlo salire altrimenti sua
madre lo stresserà fino all’inverosimile, risulta vincente. La ragione per cui il regista ha scelto di
posizionare, al loro primo incontro, Rachel in alto e Greg in basso non serve, però, soltanto ad
assecondare la strategia sofistica del ragazzo – che si propone a Rachel come colui che ha bisogno
di aiuto – in realtà, come poi dimostrerà la storia, preannuncia la forza di carattere e il domino di sé

che ha la giovane malata, oltre alla sua capacità di influenzare colui che poi diventerà il suo amico
più importante.
Così Rachel accoglie Greg nella sua cameretta: una stanza che prima viene descritta mediante una
panoramica (la m.d.p. ruota intorno al proprio asse) lenta, da destra verso sinistra – colma di libri e
di matrioske, dominata da colori pastello senza risultare leziosa, decorata con carta da parati con su
impressi degli alberi (come commenta la voce off, fuori campo, di Greg) –, poi viene inquadrata
dall’alto, in campo totale, con un grandangolo (l’uso del grandangolo è ricorrente, e consente un
angolo visuale molto più ampio di quello dell’occhio umano) che la coglie in una suggestiva visione
d’insieme, mettendo in mostra i numerosi e difformi cuscini che la affollano.
È la stanza di una ragazza piena di vita che, per ironia della sorte, deve fare i conti, inesorabilmente
quanto prematuramente e ingiustamente, con la morte. Il contrasto sembra colpire lo stesso Greg

che, non appena scompare la didascalia in sovrimpressione: «Day 1 of doomed friendship», si siede,
si guarda attorno con attenzione e dice: «Hai una marea di cuscini». I due ragazzi vengono
inquadrati in totale da varie posizione, dal basso e lateralmente: il regista vuole suggerire il disagio
e la distanza che ancora li separano. Successivamente, quando rompono il ghiaccio, le inquadrature
in campo-controcampo dei due si stringono in piani americani e primi piani, combinati con qualche
movimento di macchina a seguire i movimenti di Greg. Quando vengono inquadrati in primo piano,
i volti dei due sono sempre decentrati, a suggerire metaforicamente un loro essere lontani dal
centro, appunto eccentrici, rispetto alla presunta normalità dell’esistenza, sebbene per motivi diversi.
Alle spalle di Rachel, appese alla parete a formare una corona, vediamo una serie di forbici:
intuiamo che la ragazza ha una passione per i tagli. Lo scenografo ha saputo trasmettere in modo
chiaro, senza essere didascalico, questa informazione metonimica. La scena si interrompe quando

Earl chiama Greg al cellulare.
5. (15′:43” – 19′:45”)
Questa sequenza, introdotta dalla voce over di Greg e accompagnata inizialmente dalla musica di
Ennio Morricone, composta per un celebre western di Sergio Leone – prosegue il citazionismo
filmico che rimanda alla passione del protagonista per il cinema –, è dedicata sia all’amicizia tra
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Greg e Earl che alla famiglia del protagonista, e non risponde a un criterio cronologico
consequenziale, semmai alla logica della sequenza di montaggio. Con i consueti movimenti di
macchina, già messi in atto precedentemente (panoramiche, panoramiche a schiaffo, carrelli, piani
sequenza, addirittura una ripresa con la macchina da presa piegata di 90 gradi), e con l’ormai
accertata varietà delle inquadrature che contraddistingue lo stile del film (e che, per molti aspetti,
ricorda lo stile di Wes Anderson), si racconta dell’amicizia tra Greg e Earl fin da quando erano
bambini.
Si passa, quindi, a parlare della famiglia del protagonista, in particolare di suo padre, anche lui
appassionato di cinema e cultore di pellicole come Aguirre furore di Dio, che infatti sta guardando
alla TV, disteso sul divano, mentre entrano in casa il figlio e l’amico. La voce over di Greg avverte

che, oltre alla esterofilia cinefila, il padre ha la passione per la cucina esotica e, difatti, lo vediamo,
a seguire, intento a cucinare e a proporre al figlio e a Earl dei calamari cucinati alla maniera
orientale. La casa di Greg è quella di una famiglia borghese ma, proprio come Greg, lontana da ogni
banale stereotipo. La regia di Alfonso Gomez-Rejon è attenta a raccontarcela senza enfatizzarla,
lasciando ai dettagli e agli sfondi il compito di parlare, da soli, agli occhi dello spettatore.
Greg spiega che i film europei, i classici, il cui amore il padre ha trasmesso a lui e agli amichetti, gli
piacevano loro perché forse, in fondo, erano come la vita: «strambi e senza senso». E il tema
dell’assurdità e stravaganza della vita è centrale nel film.
Mentre la voce over fa queste affermazioni, alla TV vediamo (soggettiva di Greg e dei suoi amici,
seduti sul divano) l’attore Klaus Kinski compiere alcune dichiarazione sul film Fitzcarraldo. Segue
una digressione, sull’onda del tema musicale de I 400 colpi di F. Truffaut (altra citazione musicale
colta, che ritroveremo più avanti e che ha un senso preciso rispetto alla storia di Greg), che mostra

le varie parodie di alcuni classici del cinema, realizzate da Greg e gli amici, con tanto di titoli
modificati ad arte e di locandine rivisitate umoristicamente. Delle «cagate pazzesche», confessa
Greg che, però, continua: «non potevano smettere di fare». Non si può rinunciare a una passione,
anche quando i risultati non soddisfano.
La sequenza si chiude con il padre che loda le imprese cinematografiche del figlio e con Greg che,
seduto sul divano davanti alla TV, accanto a Earl, prima allontana il padre, poi si mette a parlare con
l’amico (ripresi secondo lo schema del campo-controcampo) di Rachel e della sua malattia, tra
battute sdrammatizzanti e riflessioni profonde. È proprio questa l’adolescenza, sembra dirci la
conclusione della sequenza: un funamboleggiare tra serietà e gioco, consapevolezza drammatica
della vita e incantata ingenuità, alla ricerca di sé e di una propria strada nel mondo.
6. (19′:46” – 23′:45”)
La nuova sequenza si apre con una panoramica dall’alto verso il basso a inquadrare, dall’esterno,

l’aula circolare dell’università dove il professore McArthur svolge le sue lezioni. Suona la
campanella e il prof. chiede agli studenti di ripetere, a voce alta, il suo motto: «Rispetto per la
ricerca». La macchina da presa è sempre mobilissima – con carrelli, panoramiche e movimenti
fluidi compiuti con la steady-cam – nel descrivere efficacemente l’azione: i ragazzi che lanciano il
grido all’unisono e si allontanano, il prof. che li incita, Greg che si avvicina all’insegnante per
domandargli cosa sia, con esattezza, la leucemia. I due parlano chiusi nella medesima inquadratura,
uno a destra e l’altro a sinistra del campo visivo. Una panoramica a schiaffo (ormai da considerarsi
uno degli stilemi del film) mostra Madison che viene a sapere che Rachel ha la leucemia.
L’immagine successiva, raccordata a questa da una panoramica a schiaffo di segno opposto, si apre
sul primo piano di Greg, seduto sulla poltrona nella cameretta di Rachel. Greg si lamenta con lei,
distesa in controcampo sul letto, per aver fatto sapere involontariamente a tutti delle sua malattia.
Rachel non si mostra particolarmente offesa della cosa.

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Mentre parlano, al solito sdrammatizzando con ironia i momenti narrativi altrimenti tragici e
mettendo in scena un’ipotetica strategia difensiva verso coloro che noiosamente, quanto
inevitabilmente, vorranno informarsi da Rachel sulla sua condizione di salute, i due sono inquadrati
secondo tagli diversi, per rendere meno statico, anche visivamente, questo momento dialogico già di
per sé divertente e mosso. In sottofondo, si libra appena una musica nell’aria, probabilmente
diegetica, proveniente da uno stereo presente in camera. Questo tenue commento musicale ha il
compito di alleggerire ancora di più la situazione.
Il dialogo si interrompe bruscamente con l’inserimento di una voce over, quella dell’attore Hugh
Jackman che, presente in fotografia nei panni di Wolverine su di una parete, rimprovera Greg di
abusare di un umorismo di pessimo gusto. Greg lo guarda in soggettiva (lo sguardo di Greg si
avvicina alla foto con una zoomata che la macchina da presa compie con un piccolo movimento a
spirale) e Wolverine, a sua volta, in controcampo, guarda in soggettiva Greg: anche lo sguardo di

Hugh Jackman si avvicina al volto di Greg con una zoomata e un moderato avvitamento
dell’inquadratura.
Infine, il dialogo riprende con Rachel che sta al gioco di Greg e si finge teatralmente morta.
A questo punto, la voce over di Greg si rivolge, con effetto metacinematografico, allo spettatore,
chiarendo che quella a cui stiamo assistendo non è la solita storia romantica e strappalacrime, per
cui non ci saranno né baci dati «con l’ardore di dodici soli infuocati», né effusioni d’altro tipo tra lui
e Rachel.
Quel fantastico peggior anno della mia vita, sembrano volerci dire sceneggiatore e regista, è un
film che non vuole cadere in logori luoghi comuni, né attivare i soliti meccanismi ricattatori che
fanno leva sul facile sentimentalismo dello spettatore. Come Greg e Rachel, anche questo film è
eccentrico e non così facilmente classificabile.

7 (23′:46” – 27′:00”)
La didascalia che apre la nuova sequenza («The part where Rachel and I become actual friends») si
staglia su di un romantico tramonto che giganteggia sulla casa di Rachel. Segue una sequenza di
montaggio che mostra i due amici in momenti e luoghi diversi, a rafforzare l’idea di un legame
sempre più stretto. Il passaggio del tempo è scandito da una serie di scritte in sovrimpressione che
numerano i giorni di questa “doomed” amicizia e dalla voce over di Greg che, come sempre,
commenta quanto accade. Quando i due sono inquadrati in campo lungo, seguiti da un lento carrello
laterale, combinato a una carrellata ottica altrettanto lenta, mentre camminano sul marciapiede di un
lungo rettifilo, Rachel parla a Greg della propria famiglia e dei problemi tra suo padre e sua madre.
Anche in questo caso, il regista evita ogni tentazione emotivamente facile. Rachel dice all’amico
che quando era più piccola si divertiva a contare con suo padre gli scoiattoli che incontravano per la
strada. Si tratta di un’informazione che, adesso, ha solo un valore accessorio e serve a dare maggiore
spessore al personaggio di Rachel, in realtà, siamo di fronte a una metonimia – come si dice in

narratologia cinematografica – le cui conseguenze semantiche si attueranno solo alla fine della
storia.
La scena si sposta in una libreria/DVDteca. Inquadrati dall’alto (è un’inquadratura che rimanda
inevitabilmente al peso che il destino ha su di loro, su Rachel in particolare), i due salgono le scale
che conducono alle sale dove sono esposti libri e DVD. Al piano superiore, la macchina da presa, a
spalla (o macchina a mano: lo spettatore avverte le oscillazioni dettate dal movimento, potenziando
l’effetto realistico e il coinvolgimento), li segue dinamicamente da dietro, in piano sequenza
(sequenza costituita da un’unica inquadratura, fissa o in movimento, priva di stacchi al suo interno,
capace comunque, per lo più, di comporre un’autonoma unità scenico-narrativa). Greg dice a Rachel
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che la cosa importante al liceo è cercare di sopravvivere e di non farsi troppi nemici. Una frase che
racchiude uno dei temi del film, oltre a sintetizzare benissimo il carattere del protagonista.
Affrontando il problema “college”, Rachel scopre che Greg ha paura della vita che gli si prospetta:
nuove conoscenze da fare, zero privacy in casa, zero relax… una specie di incubo. Il paradosso
racchiuso in questa scena è chiaro: un ragazzo che ha davanti a sé tutto il futuro possibile, lo teme e
vorrebbe evitarlo, una ragazza che sarebbe pronta a vivere ogni immaginabile vita, invece, non può
progettare nulla perché assediata da una malattia mortale.
Vale, a questo punto, la riflessione proposta precedentemente a proposito dei film europei: su
quanto sia contraddittoria, assurda e scombinata la nostra esistenza, che è poi una delle chiavi di
lettura del film. Greg non vuole nemmeno fare domanda per il college e Rachel gli fa presente che è
la cosa più stupida che possa fare.
8. (27′:01” – 28′:47”)

Mensa del liceo. Greg e Rachel sono insieme, inquadrati prima in campo medio poi in primo piano,
con la musica western di Ennio Morricone che esplicita il senso di sfida che i due provano in
quell’ambiente avvertito come ostile. La loro soggettiva mostra uno spazio brulicante di ragazzi e
ragazze di tutti i tipi. Quando decidono di avanzare sono seguiti da un carrello laterale. Dopo uno
scambio di battute con due amiche di Rachel, in campo-controcampo, i nostri si siedono al loro
stesso tavolo. Approfittando del fatto che Rachel si allontana un momento, le due amiche chiedono
a Greg (lo schema è quello del campo-controcampo) perché sia diventato suo amico, dal momento
che prima di sapere della sua malattia non la prendeva minimamente in considerazione.
L’inaspettato inserto narrativo in stop-motion dell’alce e dello scoiattolino avverte lo spettatore
dell’arrivo di Madison che, difatti, si siede accanto a Greg. Agilissima, la macchina da presa
descrive, con incisiva rapidità, la nuova situazione, quindi, mediante vari campi-controcampi, svolti
con piani differenziati, segue i discorsi del gruppetto di studenti seduti allo stesso tavolo.
Improvvisamente, appare in sovrimpressione la didascalia: «The part where I panic out of sheer
awkwardness», il cui senso si comprende subito dopo, giacché viene introdotto un nuovo

personaggio, Scott, uno studente dal look decisamente dark, un tipo lugubre e arcigno della cui
andatura da tirannosauro Greg si fa beffe. Solo che il ragazzo, visto in soggettiva dal gruppo di
amici seduti allo stesso tavolo, sentite le battute di Greg che lo irridono, inforca teatralmente gli
occhiali scuri e osserva minaccioso il nostro protagonista che scappa impaurito.
9. (28′:48” – 40′:13”)
Greg si è rifugiato nello studio del prof. McCarthy dove, inquadrato in totale, si trova Earl, seduto
davanti al PC. La voce over di Greg raccorda questa scena con la precedente: «E così, in mezzo
secondo, otto anni di invisibilità accuratamente coltivata… vanificati! Evaporati!».
In dettaglio, sulla scrivania del prof McCarthy, sono inquadrati alcuni biscotti che Earl dice di aver
vinto a Phil il matto. I due amici li mangiano, la macchina da presa passa da uno all’altro con fluidi
campi-controcampi, per poi accogliere, in un totale, l’arrivo dal fondo della stanza del prof.
McCarthy. Il dialogo tra i tre è descritto con la medesima logica registica: campi-controcampi, con
le quinte di chi ascolta (spesso fuori fuoco), alternati a totalini che racchiudono l’intero ambiente e
abbracciano i tre personaggi. Studenti e insegnante passano a parlare della zuppa tanto decantata del
prof. (la zuppa è anche inquadrata, alla Wes Anderson, zenitalmente per darle rilievo narrativo),
zuppa che, non appena McCarthy se ne è andato recitando il mantra «Rispetto per la ricerca», i due
si precipitano ad assaggiare. «Non senti un sapore strano?», domanda Greg a Earl.
Subito dopo siamo in una delle aule del liceo, durante la lezione di matematica. Al suono di un

classico canto sacro, alcune zoomate morbide e lente si avvicinano prima a Greg, quindi, in
controcampo, al prof. in cattedra e, in particolare, alla lavagna su cui sono segnate equazioni e
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formule varie. Il volto di Greg appare come ipnotizzato, assorto. Ha la visione di un panda davanti a
sé, mentre alle sue spalle appare un maiale rosa. Lo squillo del cellulare interrompe la musica
classica e riporta la situazione apparentemente alla normalità. Greg, inquadrato lateralmente, estrae
il cellulare dalla tasca. Risponde al telefonino, inquadrato in modo estremamente ravvicinato, con
un grandangolo, per enfatizzare lo stato di alterazione in cui si trova il ragazzo.
Difatti, una proiezione mentale di Greg visualizza il messaggio di Earl al cellulare sotto forma di
ologramma parlante.
La campanella pone fine alla lezione e la scritta successiva, in sovrimpressione, recita: «The part
where I accidentally am on drugs». Vediamo sfocato, in primissimo piano, il volto di Greg, poi la
macchina da presa si avvicina al dettaglio dei suoi occhi; un controcampo svela che Greg è con
Earl, camminano lungo uno dei corridoi della scuola, sfocato, dietro alle loro teste, a dimostrare lo
stato di mancanza di padronanza di sé dei due studenti per colpa della droga. I dettagli degli occhi
di Greg e Earl (si passa dagli occhi di uno a quelli dell’altro mediante panoramiche a schiaffo) fanno

da sfondo alle parole che si scambiano: sono convinti che la zuppa del prof. fosse drogata e per
questo, ora, sono fuori di testa.
Segue la ripresa dall’alto (ancora una volta una forza incontrollabile e invisibile sovrasta la realtà e
la controlla) del dettaglio della portiera di un autobus che si chiude. È quello dove sono saliti Greg e
Earl. Seduti accanto, avvicinati dalla macchina da presa a spalla fino a esser inquadrati in primo
pano – Greg ha il viso coperto dalla felpa –, parlano a voce alta della droga nella zuppa. Qualche
sedile dietro di loro, Scott, in primo piano, li ha sentiti. Scott inforca i suoi micidiali occhiali neri, al
suono di una musica ad hoc che enfatizza l’azione. La macchina da presa mostra Greg e Earl che
scendono dall’autobus: ripresi in campo lungo e poi inquadrati in piano americano e a mezza figura,
si allontanano, promettendo di non fare mai menzione di ciò che è accaduto loro.
Raggiungono casa di Rachel, dove li accoglie Denise, la madre della ragazza. Chiaramente brilla, la
donna tiene un bicchiere di alcol in mano. In campo-controcampo i tre parlano di Rachel e della
chemio che, a breve, le farà perdere i capelli. La donna, prima li chiama «musicisti russi», poi
«topolini», e chiede se gradirebbero un po’ di formaggio. In primo piano, Greg e Earl sono sorpresi

ma sanno bene che quella dell’alcol è, per Denise, una via d’uscita da una situazione intollerabile.
I due amici raggiungono la camera di Rachel. Earl la perlustra con lo sguardo. La conversazione tra
i tre è descritta ricorrendo a panoramiche a schiaffo, brevi piani sequenza e campi-controcampi con
piani differenziati. Earl dice di non trovare assolutamente leziosa la camera di Rachel, Greg le
confessa che sono drogati, fornendo una spiegazione alquanto balzana che lascia la ragazza
interdetta.
Decidono, poi, di andare a prendere un gelato. Nel successivo esterno giorno i tre ragazzi sono
inquadrati prima in campo lungo, seduti sui gradini di fronte al locale “The corner”, quindi dal
basso a mezza figura, con i tralicci della luce e il cielo sullo sfondo. Successivamente, i piani di
ripresa variano e si alternano, in modo da creare un ritmo visivamente piacevole e tutt’altro che
piatto. Earl e Rachel parlano di quando erano più piccoli, Greg se ne sta in disparte a lottare con il
suo ghiacciolo (il regista evidenzia il gelato anche con dettagli ravvicinati e con soggettive di Greg).
Si ribadisce qui il carattere fondamentalmente asociale di Greg e la sua difficoltà nel relazionarsi
con gli altri. Inoltre, si avverte la gelosia nei confronti dell’amico Earl, che gli ruba la scena e parla
fitto con Rachel. Il conflitto tra amici in età adolescenziale, scatenato da piccole e grandi gelosie e
che può portare e piccole o grandi crisi, è un altro tema presente nel film.

Earl, sotto gli effetti della droga, si mette a sparlare dell’amico e della sua famiglia, svolgendo
un’analisi inquietantemente precisa. Greg lo ascolta, sempre in disparte e sempre alle prese con il
ghiacciolo che, irreparabilmente, si scioglie, forse metafora di una realtà, quella degli adolescenti (e
della sua, nella fattispecie), in perenne e profondo cambiamento. Inoltre ha ancora delle visioni: con
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una panoramica a schiaffo che corrisponde a una soggettiva di Greg, ecco apparire, al di là della
strada, il panda e il maialino che già lo avevano importunato durante la lezione di matematica.
L’altra confessione che Earl fa a Rachel è che lui e Greg fanno dei film, cosa che Greg non aveva
ancora detto alla nuova amica. La scena finisce con Greg che si alza e chiede: «Dove andiamo?».

Successivamente, con un efficace passaggio di montaggio, vediamo uno dei film-parodia (si tratta
della parodia di Blue Velvet, di D. Lynch) realizzati dai due amici. Il film è riprodotto su di un PC, i
tre lo stanno vedendo a casa di Greg, nel soggiorno: Earl e Rachel vicini, Greg poco distante da
loro, disteso sul divano. Appare la didascalia: «The part where it turns out Earl holds nothing
sacred».
Poco dopo, Rachel esce, abbraccia Earl in un totale della veranda di casa di Greg, dove adesso si
trovano tutti e tre, raccomandandogli di stare dietro all’amico temporaneamente fuori di sé, quindi si
allontana, seguita in dolly dalla macchina da presa, in campo lungo con una panoramica. Intanto il
padre di Greg esce sulla veranda, offrendo al figlio e all’amico una delle sue solite, azzardate
proposte culinarie. La voce over di Greg interviene per tranquillizzare lo spettatore, mentre Rachel
si allontana sullo sfondo, affermando che la ragazza non morirà. «Credo con questo di aver placato
le vostre ansie», conclude metacinematograficamente.
Si passa, in interno giorno, all’aula di McCarthy dove, tra panoramiche a schiaffo, zoomate a
stringere sul volto di Greg e campi e controcampi, si chiarisce l’equivoco della droga: non si trovava
nella zuppa del docente, bensì nei biscotti di Phil il matto.
All’uscita del liceo, la macchina da presa registra, con la consueta mobilità, lo scontro verbale tra
Greg e Scott. Greg viene persino minacciato, con una rappata estemporanea, da Phil il matto, il cui

nome è stato fatto da Greg davanti al prof. I volti dei tre ragazzi – Greg, Phil il matto e Scott – sono
letteralmente aggrediti, in primissimo piano, dalla macchina da presa, fino alla conclusione della
soggettiva di Greg che guarda Scott ballare, in campo medio, con il suo gruppo di amici.
10. (40”:14′ – 48′:55”)
La nuova sequenza si apre su Greg in campo lungo che, sulle note di un dolcissimo commento
musicale, cammina nel mezzo di una strada, in direzione della macchina da presa, finendo
inquadrato, appena dall’alto, in primissimo piano. In sovrimpressione, appare la didascalia: «The
part where Rachel is a few weeks into treatment and what do I even say?».
Greg ha lo sguardo preoccupato: in soggettiva osserva, dal basso, la finestra della camera di Rachel,
sotto la quale si è fermato. In totale, vediamo Greg entrare a casa di Rachel, quindi una serie di
dettagli degli oggetti di Rachel ci informa che siamo nella sua cameretta. Forte e drammatico il
contrasto tra la scritta “cancer”, sopra uno dei tanti biglietti che Rachel ha ricevuto, e un grazioso
pupazzetto a forma di panda: si ripropone il rapporto conflittuale tra giovinezza e morte, delicatezza

e ruvidità della vita.
Greg si aggira tra i fiori che abbelliscono la stanza di Rachel, sdraiata a letto con un cappello a
fascia che le copre la testa. Stavolta la macchina da presa è meno rapida nei movimenti e indugia
sulla disperazione del volto di Greg, anche ricorrendo a una carrellata ottica molto lenta. Rachel si
toglie il copricapo e mostra la testa glabra. Greg cerca di farla ridere e, ancora una volta, ci riesce,
parlandole (in campo-controcampo) delle sue nuove parodie cinematografiche. La cura delle parole

dura poco: Rachel si mette a piangere e congeda l’amico, invitandolo ad andare a girare il suo nuovo
film.
La “Cavalcata delle valchirie” di R. Wagner dà inizio alla scena seguente, una rilettura ironica di
Apocalypse Now: montaggio rapido, molti dettagli, il fratello di Earl seduto, in campo medio, su
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una macchina accanto al proprio cane, una panoramica ad accompagnare l’arrivo di Madison. La
ragazza raggiunge Greg e Earl: ha un suggerimento per loro, fare un film per Rachel.
La conversazione tra i tre è descritta mediante una serie di studiati campi e controcampi. Madison
tocca Greg, felice che abbia accolto il suo suggerimento, ed ecco di nuovo l’inserto in stop-motion
con l’alce che schiaccia il vulnerabile scoiattolino.
Quando Madison va via, il fratello di Earl, proprio come qualche giorno prima si era espresso Earl a
proposito del fisico della ragazza, esclama: «Gran tette!», a ricordare una continuità
comportamentale, oltre che di sangue, tra i due.
La macchina da presa compie una panoramica inaspettata in grandangolo che si raccorda con una

panoramica dal basso, ma in senso opposto, segnando il passaggio alla scena successiva: è
inquadrato l’ospedale dove Rachel è ricoverata. Subito dopo, vediamo la parodia di Arancia
meccanica (Sockwork Orange) che la ragazza sta guardando al PC in una delle sale dell’ospedale.
Quando arriva a farle visita Greg (che dapprima la osserva in silenzio, a distanza, mediante
un’inquadratura di quinta), la conversazione si incentra sul futuro universitario del ragazzo. Greg ha
con sé il librone dei vari campus ai quali potrebbe iscriversi: «L’incubo delle mie giornate», lo
definisce lui. I due sono inquadrati, molto suggestivamente, in primi piani laterali, quindi frontali,
spostati verso il lato sinistro dell’inquadratura. Il regista ha voluto, probabilmente, sottolineare il
loro essere ragazzi non omologati, anche se, stavolta, i loro volti non sono su di una traiettoria
centrifuga, bensì centripeta. L’argomento della conversazione è, infatti, decisamente “centrale” e

fondamentale, ed entrambi ne sono consapevoli. Rachel critica l’assurda mancanza di autostima di
Greg e lo costringe a scrivere una lettera di presentazione per l’università. Cosa che lui fa alla
propria maniera, irriverente e ironica, cosicché lei prende il PC e scrive al posto suo, dimostrando di
conoscerlo bene. Poi, Greg invita anche lei a sfogliare il librone dei campus: «il menu per il tuo
futuro», lo definisce. Rachel non segue il consiglio dell’amico, anzi cambia espressione e dice di
voler continuare a vedere il film di Greg. Rachel è consapevole di non avere un futuro, mentre Greg
si ostina ancora a credere che possa averlo: la morte non entra facilmente nell’orizzonte degli
adolescenti, se non come un fatto inevitabile che riguarda soltanto persone lontane e vecchie.

11. (48′:56” – 51′:05”)
Si tratta di una sequenza di montaggio: attraverso diversi momenti temporali e spaziali viene
raccontato il dipanarsi, nel tempo, dell’amicizia tra Rachel e Greg e, al contempo, l’evolversi della
malattia della ragazza. La sequenza, accompagnata da un commento sonoro non invasivo, rilassante
e contrassegnata da alcune didascalie: «Day 64 of doomed friendship», «Day 71 of doomed
friendship», «Day 85 of doomed friendship»), termina con Greg che, all’ospedale, copre Rachel che
riposa nel letto della sua stanza, per poi allontanarsi, camminando nel corridoio, in campo lungo
sulla destra.
12. (51′:06” – 58′:48”)
La sequenza è dedicata al progetto di realizzazione del video per Rachel e alle riprese iniziali.
Prima siamo nella casa di Greg, dove quest’ultimo ragiona con Earl su cosa fare, quindi, nella
libreria/DVDteca. Qui, tra i dettagli di titoli e degli scaffali, e piani diversi di ripresa dei due amici
che cercano film per la loro ispirazione, abbiamo anche l’inquadratura, in primissimo piano, del
padre di Greg. L’uomo racconta, quasi in uno stato di trance personale, uno dei suoi tanti aneddoti.
Si passa, quindi, all’inizio delle riprese. Il cinema nel cinema – ormai è evidente – è un altro

elemento di riconoscibilità del film. Un improvvisato set (una sedia, la videocamera con Greg dietro
all’obiettivo, e come sfondo un lenzuolo bianco tenuto malamente su da Earl) vede, come prima
intervistata, Denise. La madre di Rachel, al solito alticcia e con il bicchiere in mano (da considerarsi
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ormai un vero e proprio suo attributo identificativo), dichiara di essere stata una buona madre e di
aver fatto tutto per proteggere la figlia, ma confessa anche di aver capito che esistono cose da cui
non possiamo proteggere nessuno, di fronte alle quali siamo tutti impotenti. La donna (inquadrata
secondo vari piani, in primo e primissimo piano soprattutto quando compie le riflessioni più
significative) dà a Greg un importante consiglio, anzi gli chiede di prometterle una cosa a cui tiene
molto: «Non fare mai un figlio a meno che tu non sia pronto ad amare sua madre per tutta la vita».
È una richiesta di cui sicuramente Greg (giustamente inquadrato in primi piani che ne sottolineano
la concentrazione) farà tesoro, una di quelle conoscenze, fornite dagli adulti e provenienti dalle loro
esperienze, che il protagonista sa benissimo non poter essere messe, superficialmente, in cavalleria.
La donna risponde a una domanda di Greg, dicendo che il giocattolo preferito della figlia sono le
forbici: acquista così un primo senso la collezione di forbici che Rachel esibisce su di una parete
della cameretta. Dice anche che quando il padre andò via di casa, la figlia ridusse a tante striscioline

i libri a cui lui teneva di più, incoraggiata nell’operazione dalla madre. La scena si chiude con la
donna e i due amici che brindano, in un totale, dopo che lei ha offerto loro da bere.
Seguono altre scene dedicate alle interviste, in location diverse (la sala di proiezione, le aule del
liceo), con gli intervistati ripresi essenzialmente in primo piano e mezza figura (anche attraverso il
telefonino), e con sfondi dissimili, uno su tutti: una lavagna con sopra un disegno astratto fatto con
il gessetto.
Earl e Greg riguardano le riprese alla TV (campo-controcampo): per incoraggiare Rachel, gli
intervistati ripetono frasi tipo «Ce la puoi fare» e «Io ho fiducia in te». Earl e Greg non sono
assolutamente contenti del risultato.
Si torna, quindi, alla cameretta di Rachel. La ragazza e Greg stanno guardando (panoramica dal
basso verso l’alto, campo-controcampo con primi piani dei ragazzi e loro soggettive del film sul PC)
l’ennesima parodia di Greg, nella fattispecie quella di Un uomo da marciapiede, riconoscibile anche
dall’inconfondibile colonna sonora musicale. Greg ha un gesto di tenerezza e abbraccia l’amica,

avvertendo, però, con la voce over (metacinematograficamente), che: «Se questa fosse stata una
storia romantica ci saremmo innamorai e lei avrebbe detto quelle cose malinconiche e sagge che si
dicono al tramonto della vita ecc., ecc., e sarebbe morta tra le mie braccia, ma questo non
accadde, divenne solo più taciturna… e infelice». Greg e Rachel sono sdraiati, fianco a fianco, sul
letto, nella camera di lei, ripresi in primo piano nella stessa inquadratura. Rachel è sconfortata e ha
dolori ovunque. Greg cerca di farla ridere. In questa circostanza il regista decide di non muovere la
macchina da presa, per cogliere in continuità tutte le sfumature espressive dei personaggi e
registrare le loro reazioni emotive: una scelta di stile intelligente e vincente che dà peso, e valore,
anche ai silenzi, drammaticamente intensi: «Un silenzio terribilmente silenzioso», scherza Greg.
«Anche un silenzio ha un suo perché, ogni tanto», replica l’amica. È in atto, nella coscienza e nella

mente di Greg, un processo di maturazione ormai inarrestabile e vorticoso.
Con una breve panoramica e una zoomata in avanti, la macchina da presa si dirige sul primo piano
di Rachel, mentre interviene metacinematograficamente, e ingannevolmente, la voce over del
protagonista: «Lo so, il vostro cuore sanguina per questa dolce fanciulla la cui morte vi sembra
inevitabile, ma vi prego, datemi retta, non sta morendo. Si rimetterà, ve lo giuro». Tuttavia, la scena
si chiude, forse non casualmente, proprio con la morte di uno dei protagonisti della parodia di Un
uomo da marciapiede che scorre sullo schermo del PC.
13. (58′:49” – 1:08′:08”)
Una serie di dettagli di panni e stoffe tagliate inaugura la nuova sequenza. Greg e Earl (ripresi da
varie angolazioni, compresa una inquadratura dall’alto) stanno preparando il nuovo set, hanno in
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mento un progetto diverso di film per l’amica malata. Qualcosa che abbia un senso, come spiega la
voce over di Greg. Utilizzeranno proprio la tecnica della stop-motion, con la quale viene proposto
lo sfondo della nuova didascalia animata, in sovrimpressione, che spiega allo spettatore il passaggio

dal «Day 146 of doomed frienship» al «Day 158 of doomed frienship».
La voce over introduce una sequenza di montaggio che si apre con la soggettiva di Greg, realizzata
con la macchina a spalla, che va a a trovare Rachel. La ragazza indossa una parrucca colorata.
La sequenza continua, illustrando brevemente alcune situazioni (molte reiterate in momenti
cronologicamente distanti) tra i due amici, commentate sempre dalla voce over di Greg, il cui
sguardo, spesso in soggettiva, coincide con quello della macchina da presa. Da sottolineare, una
frase che Greg pronuncia: «È dello studio che non mi ricordo affatto, e non me ne ricordo perché

non ho studiato nemmeno un giorno. Non così per dire: letteralmente zero studio». Frase che
dimostra quanto il protagonista abbia empaticamente, da vero amico, fatta sua la vicenda di Rachel.
La sequenza di montaggio si arresta su Rachel, con il capo scopertamente glabro, e Greg. Sono
nella camera di lei (l’inquadratura li cattura entrambi, la ragazza in piano americano sulla poltrona,
lui in secondo piano seduto sul letto). Parlano di scuola e del ballo che presto ci sarà. Greg invita la
ragazza che, però, rifiuta per poi domandargli del film che stanno facendo. Greg si arrabbia perché
Earl ha detto del film a Rachel; per tutta risposta, quest’ultima informa l’amico di aver deciso di
interrompere la chemio. Lui si arrabbia per questa decisione autolesionistica, Rachel, da parte sua, è
convinta che soltanto lei sia padrona del proprio destino e dà all’amico una lezione di maturità.
I due litigano. Rachel manda via l’amico, rimproverandolo di non aver mai fatto nulla per lei di
propria iniziativa, ma sempre spronato da altri. Greg va via, seguito in panoramica dalla macchina
da presa e da un esterno, in campo lungo con carrello in avanti, che lo inquadra – infuriato con Earl
perché ha tradito la sua fiducia – mentre scende dalle scale di casa di Rachel. Intanto interviene la
colonna sonora musicale.

In un campo lunghissimo, ripreso dall’alto, appare, in sovrimpressione, la scritta: «The part where I
get in my first fight ever». Nella scena successiva vediamo Greg e Earl confrontarsi duramente. I
due amici sono davanti a casa di Earl, osservati dal fratello di quest’ultimo. La macchina da presa è
estremamente mobile e le inquadrature si moltiplicano per dare l’effetto di una situazione altamente
drammatica. Lo scontro più forte tra i due si consuma all’interno di una tesissima inquadratura che
riprende lateralmente, in primo piano, i volti dei due amici, distanti. Poi Greg, colpito furiosamente

da Earl, se ne va, osservato a distanza dalla macchina da presa a spalla.
14. (1:08′:09” – 1:13′:33”)
Siamo nello studio del prof. McCarthy. Greg chiede al docente una dilazione per la sua tesina.
L’insegnante si dimostra comprensivo e parla a lungo con il suo studente, raccontandogli anche un
episodio della propria vita. La frase centrale, pronunciata dal prof., contiene uno degli insegnamenti
chiave del film: «Anche dopo la morte di una persona, continui a imparare qualcosa di lei, della
sua vita, continuerà a manifestarsi e ad essere presente finché tu le dedicherai i tuoi pensieri».
La regia si avvale di vari piani di ripresa, combinati con efficaci campi-controcampi, sempre tesi a
dare rilievo massimo all’espressività degli attori in relazione allo stato emotivo dei loro personaggi.
Greg esce dallo studio di malumore.
Dopo un raccordo in esterno giorno (Greg pensieroso, sull’autobus, in primo piano; l’autobus ripreso

in campo lungo), il giovane protagonista torna a casa. Bella l’inquadratura (campo lungo, interno
casa) in cui vediamo padre e figlio incorniciati dalle due porte che si affacciano sul soggiorno, una a
destra, l’altra a sinistra. I due si fronteggiano in silenzio, finché il padre non se ne esce con una delle
sue prevedibili frasi sul cibo. Sconfortato, Greg sale le scale, diretto verso la sua cameretta. «Tutto a
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posto?», gli domanda il padre in primo piano. L’uomo ha capito che ci sono problemi, ma sa anche
che con un ragazzo di quell’età ogni intervento è difficile e va calibrato. Se non altro, si dimostra un
genitore in grado di intercettare i disagi del figlio, e questa non è cosa da poco. Solo nella sua
camera, Greg guarda la video confessione che Earl ha realizzato per Rachel (è in una chiave usb, sul
cui dettaglio la macchina da presa insiste). Mentre osserva e ascolta il video di Earl, Greg (prima
fuori fuoco, poi a fuoco, secondo un gioco simbolico abbastanza scoperto) viene avvicinato dalla
macchina da presa con una misurata zoomata che dà tempo all’espressione pensierosa e malinconica
del ragazzo, in primo piano, di dispiegarsi in tutta la sua intensità. Al primo piano di Greg fa da

contrappunto quello dell’amico sullo schermo del PC.
Si passa, di nuovo, allo studio di McCarthy, con un primo piano di Earl e una suggestiva

inquadratura dall’alto della stanza (questo stilema registico ricorrente ha probabilmente un suo
preciso rimando simbolico al destino incombente). Seguono i primi piani, in campo-controcampo,
dei due amici – che allestiscono una schermaglia su chi deve rimanere e chi andare via dalla stanza
del prof. –, alternati a vari dettagli (la zuppiera che Greg ha in mano). Alla fine, è Greg a lasciare lo
studio, inquadrato dall’alto.
15. (1:13′:34” – 1:20′: 08”)
Sullo schermo del PC scorrono le immagini dell’ennesima parodia dei film di Greg e Earl. Seguono,
al ritmo di un valzer, alcune riprese di Greg in montaggio sequenza: il ragazzo cammina all’interno
della scuola, nella mensa, seguito da un carrello laterale, quindi, guarda, dopo una carrellata ottica a
stringere, il dettaglio del display del cellulare dove legge la mail, con la risposta negativa,
dell’università di Pittsburgh alla sua richiesta di iscrizione.

La sequenza di montaggio si interrompe con la solita alce in stop-motion che calpesta il solito
scoiattolino, ovvero con l’arrivo di Madison che tocca Greg con una mano e gli chiede se ha finito il
film per Rachel: i due sono ripresi in primo piano, in campo-controcampo e in campo medio, con la
quinta laterale obliqua del tavolo dove sono seduti, a siglare la distanza che ancora intercorre tra
loro e tra loro e le realtà di fronte alla quale sono impotenti. Madison chiede a Greg di finire il film

per l’amica.
Segue la scena di Greg in camera sua, con il ragazzo che dialoga con la madre. Lei lo informa che
Rachel è stata di nuovo ricoverata e sta male. Greg appare molto preoccupato, ma finge di non
esserlo e si mostra ostentatamente insensibile, dicendo che non vuole andare a trovarla. La madre lo
avverte che se non lo farà rimarrà per tutta la vita con un insanabile senso di colpa e un rimpianto
incolmabile. La macchina da presa descrive la scena passando da Greg alla madre con movimenti
sempre giusti, e mai sopra il livello dinamico necessario a focalizzare il dramma interiore dei due. Il

figlio chiede alla madre di lasciarlo solo.
Mediante il raccordo musicale della colonna sonora (ancora il tema principale de I 400 colpi di
Truffaut) si passa a un esterno notte che, alla maniera del pittore americano Edward Hopper (stesse
luci, stessa atmosfera), inquadra in campo medio la finestra della casa di Greg, con i due genitori
che discutono sul futuro figlio. Successivamente, un dolly sale a inquadrare la finestra della stanza
di Greg fino a zoomare sullo schermo del PC che il ragazzo sta guardano. Sullo schermo scorrono le
immagini del film di Truffaut: capiamo così che la music a di commento alla scena non è
extradiegetica bensì diegetica.
Sulle note della stessa musica (adesso extradiegetica) vediamo, poi, la consueta ripresa dall’alto (il
destino incombente, dicevamo) che mostra Greg camminare come un automa, in ralenti, all’interno
della scuola, quindi, inquadrato con grandangolo (dopo una panoramica a schiaffo e una a seguire
verso il basso) e, in campo medio, seduto a un tavolo della mensa. Qui è raggiunto prima da un

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carrello in avanti, poi dalla mano di Madison che gli tocca la spalla, provocando l’ennesimo

cortocircuito visivo con tanto di alce e scoiattolino. Solo che questa volta lo scoiattolino non si fa
calpestare: Greg ha il coraggio di dire no all’affascinante ragazza. Lei, comunque, gli si siede
accanto per chiedergli se la inviterà al ballo. Greg si alza ed ecco sopraggiungere Phil il matto.
Seguono un campo-controcampo e alcuni primi piani dei due, quindi, l’inevitabile zuffa, ripresa da
più angolazioni con sapienza registica degli spazi e capacità di resa drammatica. L’arrivo di Earl, in
soccorso dell’amico, porrà fine alla lotta e ripristinerà il legame tra i due.
Entrambi vengono cacciati fuori dalla scuola, con un carrello laterale ad accompagnarli fino
all’esterno giorno. Sempre con un carrello laterale, la macchina da presa torna indietro, all’interno
dell’edificio, afferra il primo piano di Madison e la segue, di nuovo con un carrello laterale, fino

all’esterno, dove si trovano Earl e Phil (inquadrati dall’alto della scalinata del liceo, in campo
medio). Madison chiede a Greg di accompagnarla al ballo di quella sera (campo-controcampo delle
inquadrature tra i due).
16. (1:20′:09” – 1:39′:00”)
La sequenza che inizia con l’uscita di Greg per il ballo è quella conclusiva, ed è anche una delle più
belle del film. Inizia a casa del protagonista, con la mamma felice che il figlio abbia trovato una
ragazza da accompagnare quella sera. In smoking, Greg abbraccia la madre, ma sembra piuttosto
pensieroso. La donna gli fa presente di essere preoccupata per la faccenda del college, tuttavia
afferma che ci sarà tempo per discuterne. Come il marito, anche lei si dimostra intelligente e capace
di fare bene il lavoro genitoriale: saper ascoltare e affrontare le situazioni, al momento opportuno,
sono due qualità che il padre e la madre di Greg sicuramente possiedono.
Molto interessante, visivamente, è l’inquadratura in cui la madre, in primo piano, osserva, quasi

piangendo, Greg che esce di casa e sale sulla limousine noleggiata. Lo spettatore può osservare le
azioni di Greg, sfocate, riflesse nello specchio che la madre ha alle spalle. Ancora una volta, siamo
di fronte all’uso simbolico dello sfocato: in questo caso, per rendere testimonianza della
consapevolezza della madre di Greg che, ormai, suo figlio è diventato adulto e che lo sta perdendo.
Dentro la limousine, inquadrato con un potente grandangolo che monumentalizza la portata di ciò
che sta per accedere, Greg dà un indirizzo all’autista. La sorpresa (non proprio inaspettata) sta nel
fatto che il ragazzo si è fatto portare all’ospedale dove è ricoverata Rachel.
Un dolly lo inquadra dall’alto mentre, con il suo elegante smoking, entra nella struttura. Appare la
scritta: «Day 209 of doomed friendship». La macchina da presa segue Greg all’interno dell’ospedale
(prima con una panoramica, quindi, fissa in campo medio) mentre percorre il corridoio che conduce
alla stanza di Rachel, dove entra seguito dalla macchina da presa a spalla. Nella stanza, Rachel e sua
madre Denise sono sdraiate sul letto. Non appena vede Greg, la donna si alza e, seguita in piano
sequenza dalla macchina da presa, in silenzio, lo abbraccia (in primo piano) e lo lascia solo con la
figlia. I due ragazzi si scambiano sguardi eloquenti. Il primo a parlare è Greg: gira intorno al letto e
loda il proprio completo, quindi, regala all’amica un braccialetto floreale (inquadrato anche in

dettaglio). La macchina da presa si muove a spalla tra i due, esprimendosi con movimenti intorno al
corpo di Greg, campi-controcampi tra Greg e Rachel, e, al solito, alternando diversi piani di ripresa
sui due personaggi. Sono ovviamente privilegiati i primi piani e non mancano brevi carrellate tra i
volti dei due amici per ribadire il loro legame, non solo dialogico ma anche affettivo.
Greg ha realizzato il film per Rachel e lo proietta (lo ha registrato sul cellulare e nella stanza c’è un
videoproiettore) sulla parete davanti al letto, sdraiandosi accanto all’amica. Nella stessa
inquadratura, ripresi ora in primo piano, ora in piano medio, mediante carrelli circolari realizzati
con la macchina a spalla, Rachel e Greg guardano il filmato (inquadrati in semi-soggettive: la
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m.d.p. è posta dietro i personaggi, in modo da vedere sia loro, di nuca, sia ciò che gli sta davanti;
nella soggettiva, invece, lo sguardo del personaggio coincide con quello dello spettatore).
Nel video, ai primi piani silenziosi di Earl, di Greg e della madre di Rachel che bevono e sorridono,
e al primo piano della stessa Rachel con parrucca, segue una lunga, emozionante e originale

sequenza animata in stop-motion (una specifica tecnica di ripresa cinematografica, e di animazione,
che consistente nello scattare una serie di fotogrammi di un oggetto, o di un disegno
bidimensionale, cambiando ogni volta la sua posizione nello spazio, per poi proiettare le immagini
una di seguito all’altra; la proiezione in sequenza delle immagini dà l’illusione di movimento), frutto
dell’inventiva dei due giovani cineasti e realizzata con pezzi di stoffa, opportunamente tagliati, e con
il cotone interno di vari cuscini. Il tutto accompagnato da una colonna sonora tutt’altro che invasiva.
Il risultato è un’opera poetica e astratta che commuove fortemente la ragazza malata. I primi piani di
Rachel e Greg diventano allora primissimi piani, necessari per indagare i loro stati d’animo,
particolarmente scossi e tesi, tanto che Rachel è sul punto di piangere.
Purtroppo la ragazza ha un tracollo, non riesce più a respirare. Greg si alza allarmato e chiama la
madre di Rachel. Denise accorre, insieme all’infermiera. Intanto, il filmato, sullo sfondo
dell’inquadratura, continua a produrre le sue suggestioni visive. È con queste immagini potenti nello
sguardo che Rachel si prepara a morire.
La macchina da presa descrive la tragedia in atto muovendosi convulsamente, condotta a spalla,

dietro i corpi della madre e dell’infermiera che le stanno vicino. In controcampo, inquadrato a
mezza figura, con le quinte dei volti dell’infermiera e della madre di Rachel e la testa di quest’ultima
che spicca sul letto, Greg assiste impotente e disperato all’evento, colpito dalla sue stesse immagini
proiettate sulla parete davanti alla quale si trova.
Si tratta della scena più drammatica del film, quella più emozionante visivamente e, di sicuro,
quella più difficile da girare. Il regista ha saputo controllarne ogni aspetto tecnico, narrativo,
stilistico e interpretativo con eccezionale padronanza di linguaggio.
L’apice della tensione si raggiunge forse sui primissimi piani, quasi inespressivi, del volto di
Rachel, accesi in modo straniante dai bagliori rossastri delle immagini del filmato che si riflettono
sulla sua pelle liscia e candida. In bilico tra la vita e la morte, tra la realtà vera che le sfugge di

mano e la realtà ricreata dal video dei suoi amici, lo sguardo di Rachel si attacca, quasi
ieraticamente, a quelle immagini: ancora una volta, il cinema entra prepotentemente nella vita e la
fa sua, la sostanzia di quella poesia, bellezza e sacralità che spesso le mancano.
Costretto dall’infermiera a uscire dalla stanza, Greg – assediato da una macchina da presa che vuole
rappresentare al massimo della potenza espressiva il suo dolore, evitando ogni retorica – si
abbandona alla disperazione e si siede per terra, in campo lungo. Sentiamo subito la sua voce over:
«Fu l’ultima volta che vidi Rachel, entrò in coma dopo appena qualche minuto e morì circa dieci
ore dopo. Sì, vi avevo detto che non sarebbe morta, vi chiedo scusa, è che, inconsciamente,
illogicamente, speravo che sopravvivesse. Non è stato così».
La scena si chiude con gli ultimi fotogrammi astratti del filmato realizzato per Rachel.
Segue l’efficace inquadratura sfocata, in piano medio, della madre di Rachel al funerale della figlia.
La donna si alza e si dirige verso la macchina da presa: ora è messa a fuoco in primo piano e,

quando esce dall’inquadratura, lascia il posto alla visione di una mensola, con sopra una foto di
Rachel e il contenitore delle sue ceneri. La macchina da presa vi si avvicina, con un lento carrello in
avanti, per poi spostarsi, con una panoramica da destra verso sinistra, a descrivere il ricevimento in
onore della ragazza, fino a indugiare sul primo piano della madre di Greg e del figlio abbracciati e,
infine, seguendo Greg, di spalle, mentre raggiunge le scale che conducono alla camera di Rachel.
Denise, inquadrata anche lei dopo un’altra panoramica, lo osserva triste. Poco dopo, Greg guarda
fuori della finestra e osserva Earl, appoggiato a un muro, anche lui estremamente provato.
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Vediamo poi Greg, ripreso in campo lungo, uscire dalla casa di Rachel e raggiungere (adesso
ripreso in campo medio) l’amico. I due sono anche inquadrati dall’alto. Ben presto li raggiunge
Denise, che consegna a Greg il volume sui campus universitari che il ragazzo aveva lasciato alla
figlia: è come se glielo desse la stessa Rachel, e Greg è consapevole del valore simbolico di quel
gesto. Greg si rende contro (e con lui lo spettatore, anche grazie a vari dettagli della macchina da
presa) che il libro contiene una lettera con su impressa la “R” di Rachel. A quel punto, Earl va via,
ha capito che l’amico ha bisogno di stare solo. Greg sale verso la finestra del piano superiore della

casa: l’inquadratura, dal basso verso l’alto, fortemente scorciata, condotta da un carrello a seguire il
ragazzo, comunica l’idea di un percorso ascetico, catartico e liberatorio. Su questo segmento
narrativo si staglia, in sovrimpressione, la scritta: «The part after all the other part».
Con il libro dei campus in mano, Greg entra dalla finestra nel corridoio del piano superiore della
casa. In primo piano, il giovane guarda dritto davanti a sé l’entrata della camera di Rachel,
inquadrata con quella che sembra, apparentemente, una soggettiva, abbinata a un carrello in avanti,
mentre, in realtà, entrando con la macchina da presa nella stanza, accompagnati da un delicatissimo
fraseggio musicale, scopriamo che non è così, dal momento che Greg è disteso sul letto, in campo
medio, intento a leggere la lettera di Rachel. Anche lo spettatore viene a conoscenza del contenuto
della lettera (che vediamo in dettaglio, nella mani di Greg), grazie alla voce over della ragazza.
Rachel fa presente di conoscere tutto quello che è accaduto al liceo e al college, così, ha decis

o di

scrivere lei una lettera all’università di Pittsburgh, spiegando tutto quello che Greg ha fatto per lei e
invitandoli a riprenderlo. La ragazza ha allegato la copia della lettera inviata all’università. Nel P.S.,
gli dice che le farebbe piacere se prendesse uno dei suoi cuscini: sembra che Greg abbia saputo
trasmettere all’amica quella sana dose di ironia con cui va affrontata la vita in tutte le sue
manifestazioni.
Aprendo il libro dei campus, Greg fa una scoperta incredibile: la ragazza ha meravigliosamente
ritagliato le pagine, ricostruendo in 3D il momento in cui lei, lui ed Earl erano andati a prendere il
gelato da “The corner”. Commosso, Greg si mette a esplorare la camera e scopre tante cose (la

macchina da prese le circoscrive con dettagli significativi, inquadrati principalmente in soggettiva e
valorizzati anche dal bellissimo commento musicale): diversi libri ritagliati ad arte, scoiattolini
disegnati sulla carta da parati, vari copricapo e la parrucca indossata dall’amica, le forbici utilizzate
per i suoi lavori (ecco acquistare senso pieno la presenza delle numerose forbici nella stanza di
Rachel!). La macchina da presa a spalla mostra Greg piangente, girando intorno al suo volto,
inebriato della poesia presente nella stanza. Ed ecco, di nuovo, la voce over di Rachel che legge la
lettera inviata alla commissione dell’università di Pittsburgh, in cui la ragazza rende conto dei
motivi per cui Greg non ha studiato quell’anno e ne tesse le lodi e la grandezza morale e spirituale.
Incoraggiandolo, al termine, a scrivere due righi anche lui.
La macchina da presa arretra con un carrello dalla stanza e passa a inquadrare l’esterno della casa di

Rachel, con Greg che si allontana in campo lungo e poi medio, tenendo sottobraccio cuscino e
librone. Come in una falsa soggettiva, lo vediamo andare via anche dalla finestra di camera di
Rachel. A comunicare che lo sguardo della ragazza sarà sempre con lui, il ricordo di quell’amica
sarà indelebile.
Subito dopo vediamo Greg nella sua stanza, immersa nella stessa penombra dell’inizio (la classica
struttura a ring), descritta in tutti gli oggetti (soprattutto legati al cinema) che la affollano grazie a
una panoramica quasi a 360 gradi. Greg è davanti al PC (è riproposta la stessa situazione visiva
dell’inizio) e stampa la lettera che ha scritto, a sua volta, su suggerimento di Rachel. La imbusta,
pronto a spedirla all’università. Senza dire niente a nessuno. Greg ha fatto la sua scelta, Greg è
diventato uomo.